Andrea: miei 10 giorni a Embu

Per la prima volta ho deciso di avventurarmi da solo e ho deciso di farlo in Africa perché cercavo sfida e conferme.

Volevo sfidare me stesso andando in un luogo che, come tanti altri, conoscevo solo all’interno dei luoghi comuni che ti insegna la civiltà occidentale: povertà, sole, livello di istruzione mediamente basso, malattie cui è meglio non pensare…Beh tutto questo è innegabilmente vero, però dentro di me sapevo che sarei stato in grado di trovare anche altro e infatti così è stato, perché a volte quando senti una cosa non devi farti troppe domande…devi seguirla e basta, soprattutto nell’era in cui basta un click per avventurarti in qualcosa.

“Abbassarmi” a una realtà relativamente modesta come quella dell’orfanotrofio di Embu mi ha fatto sentire grande e piccolo insieme. Grande perché dopo mezza giornata che ero lì, che io lo volessi o meno, mi sono sentito coinvolto in delle questioni che in vita mia non ero neanche mai arrivato a pormi, e mi è bastata semplicemente la vera voglia di fare qualcosa di concreto per aiutare per guadagnare il sorriso delle persone. Camminando per strada mi sono reso conto di come basti davvero poco per migliorare la vita di una persona: regalare una maglietta usata, donare una moneta, accendere una lanterna cinese, sorridere…Sono questi i momenti in cui va a finire che ti senti piccolo piccolo, perché tangi con mano la vecchia e buona frase “sono altri i problemi della vita” ed è proprio vero, perché quando non si ha da mangiare e da bere non si arriva neanche a preoccuparsi di quanto va veloce la propria connessione Internet. Né tanto meno ci pensavo io quando per strada ho visto persone che probabilmente non avevano nulla al di fuori del casco di banane che cercavano di vendere sotto il sole cocente, o quando giocavo con i bambini che non hanno neanche la mamma…la mamma…eppure loro li vedi e ti dicono “hakuna matata”, “non ci sono problemi” e sorridono…

Io non ci credo nel mal d’Africa, però il ritorno alla realtà europea è stato un po’ come provare una maglietta in un negozio, specchiarsi e dirsi “No questa non posso prenderla, non sono io con addosso questa maglietta”. Una realtà un po’ frivola, un po’ senza bussola forse, non lo so…forse sto delirando…

Ma tanto li riabbraccerò tutti perché ci tornerò, così presto che non gli darò neanche il tempo di dimenticarmi…e li ringrazierò tutti più di questa mia prima volta…

Luciano Zapponi

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